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Carlo Porta
(Milano, 15 giugno 1775 – Milano, 5 gennaio 1821)
è stato un poeta italiano,
nato a Milano sotto la dominazione austriaca.
È considerato il maggior poeta in milanese.
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Carlo Porta, figlio di Giuseppe e Violante Gottieri,
nacque a Milano nel 1775, ultimo di tre fratelli.
Studiò dai Barnabiti a Monza e nel loro Collegio estivo di Muggiò
(edificio in parte scomparso nel 1890 per lasciare posto
alla Parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo)
fino al 1792 e successivamente al Seminario di Milano:
l'ambiente religioso gli garantì una buona formazione culturale,
ma instillò in lui i germi di un anticlericalismo
viscerale e destinato a caratterizzare molte delle sue opere.
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Nel 1796, l'arrivo dei Francesi nella Campagna d'Italia (1796-1797),
fece perdere il posto al padre, convinto sostenitore del regime asburgico,
e per Carlo venne trovato un lavoro a Venezia,
dove restò fino al 1799 insieme ad un fratello.
Il padre non gli consentì di concludere gli studi,
avviandolo forzatamente a una carriera nella pubblica amministrazione:
nel 1804 venne assunto all'Ufficio del debito pubblico
— dall'anno successivo noto come Monte Napoleone —
per il quale lavorò tutta la vita.
Nel frattempo si dedicò all'attività teatrale e poetica:
recitando a partire dal 1799 come attore dilettante al Teatro Patriottico di Milano,
di orientamento progressista.
Stendhal lo conobbe insieme agli altri letterati milanesi del tempo e, in Roma,
Napoli e Firenze, loda infinitamente le sue poesie e cita i suoi versi,
rammaricandosi che nessuno li capisca a dieci miglia da Milano.
Nonostante il suo lavoro fu amico dei maggiori intellettuali del tempo,
tra i quali Foscolo, Manzoni, Tommaso Grossi, Berchet, Visconti.
La sua vita coincise con gli anni più densi della storia italiana:
le campagne napoleoniche, la Repubblica Cisalpina, il Regno Italico,
la restaurazione austriaca, la polemica classico-romantica.
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In componimenti come
Frà Szenèver (1813),
Óun Miracóul (1813),
Frà Diodàt (1814), troviamo trascrizioni in tono di caricatura popolaresca
di leggende della devozione medievale, con evidenti ascendenze illuministiche
e volteriane nell'atteggiamento morale e sociale del poeta.
Tali ascendenze sono pure evidenti nelle poesie satiriche che hanno
come bersaglio l'aristocrazia reazionaria ed il basso clero ignorante,
bigotto e parassita (si ricordano La preghiera, sàtira della
bòria aristocratica mascherata da pio zelo religioso, e La nomina del Cappellan,
quadro spietato della vita dell'aristocrazia nera e del clero più povero e affamato)
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Le già citate
Deszgrasi dé Giouvanìn Bounsgé escono nel 1812
e vengono apprezzate fin da subito, seguite due anni dopo dalle
Ólter deszgràsi de Giovannin Bongee.
Il protagonista è un giovane garzone di bottega,
vittima di una serie di disavventure col potere. Porta sceglie di farle
raccontare da Giovannin a un anonimo ascoltatore, quasi come un monologo teatrale.
Seguono
Él lamént del Marchiòn d'ì gàmb avèrt (1816) e quello che molti
critici considerano il suo capolavoro,
La Ninèta del Verszé (1814),
la struggente confessione di una prostituta.
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Al filone politico appartengono soprattutto i sonetti,
come
Paracàr che scapé dé la Loumbardìa (1814),
E daj cóun 'stóu chez-nous, ma sanguanón (1811),
Marcanagg i pouliìtegh sèca bàl (1815),
Quand vedèsev ón pueblégh fuensiounàri (1812).
Fra le poesie che non appartengono a uno dei tre filoni
sopraddetti ricordiamo soprattutto i sonetti in difesa della scelta
del milanese o in difesa di Milano.
Celeberrimi
I paròl d'óun lenguàg, car sür Gourèl (1812)
in difesa dei dialetti (o, meglio, delle lingue locali)
e
Él sarà véra foùrs quèl ch'él dìsz lü (1817) in difesa di Milano.
Fra le poesie più propriamente umoristiche ricordiamo
Dourmiven dò touszàn tüt e dò attacà (1810)
e la brevissima
Epitàfi per óun can d'óuna scioùra marchésza (1810).
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Nella poesia degli ultimi anni si accentuano i caratteri antinobiliari
contro la classe che inaspettatamente era tornata a dominare.
Testimoni di questa fase "alla Parini" sono La nomina del Cappellan (1819),
una rielaborazione ancora più comico-satirica dell'episodio della
"vergine cuccia" di pariniana memoria in cui stavolta il pretino
arrivista si munisce di fette di salame per accattivarsi la cagnetta,
Offerta a Dio (1820) e Meneghìn biróeu d'ì èx mònegh (1820).
Nel 1816 il Porta aveva aderito al neonato movimento romantico
(Sounetìn coùl couvoùn), ovviamente a modo suo.
Importante critico ed esperto di Carlo Porta è stato il professore Dante Isella.
Biografo scrupoloso e storico attento è stato il professore Guido Bezzola.
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