Annibale Covini Gerolamo



POESIA
Giacomo Leopardi Delio Tessa Lord Byron
Oscar Delnegro Wolfgang Goethe Umberto Saba
Camillo Sbarbaro Lillo Sciortino pagina POESIA di
 Annibale Covini Gerolamo
PROSA
Carlo Collodi Edmondo De Amicis Italo Svevo
Gianni Rodari Alessandro Manzoni Franz Kafka
TEATRO
El Patatina Tomasi di Lampedusa Francesco Gucccini
Luigi Pirandello Publio Ovidio Manlio Santanelli
Angela Vai Il Buco storia invisibile pagina dedicata al 
TEATRO DANZA
 per la Scuola della Infanzia
  con Annibale Covini Gerolamo




POESIA


Delio Tessa



Da Wikipedia:

Delio Tessa
(Milano, 18 novembre 1886 – Milano, 21 settembre 1939) scrittore e poeta italiano.
Nato a Milano nel 1886.
Dopo gli studi al liceo Beccaria, nel 1911 si laurea in giurisprudenza all'Università di Pavia ed inizia ad esercitare come avvocato e come giudice conciliatore.
La carriera forense però non lo entusiasma; preferisce quindi dedicarsi alla poesia in dialetto milanese, alla letteratura, al teatro e al cinema (scrive anche la sceneggiatura di un film, Vecchia Europa, pubblicata postuma nel 1986).
Antifascista, rimane isolato rispetto alla cultura ufficiale, dedicandosi piuttosto a scrivere per periodici locali, come L'Ambrosiano (gli articoli saranno poi raccolti nel libro postumo Ore di città) o per giornali stranieri come il Corriere del Ticino.
Collabora inoltre con la Radio della Svizzera italiana.
Tranne che per la raccolta di poesie pubblicata nel 1932 L'è el dì di mort, alegher!
(che passa però inosservata anche per l'ostracismo del fascismo nei confronti dei dialetti), tutte le sue opere sono state pubblicate postume.
Di temperamento schivo e riservato, rimane scapolo dopo una delusione sentimentale.
Suoi intimi amici furono l'ingegnere Pier Giorgio Vanni e la pittrice zurighese Elisabetta Keller ...



foto vecchia casa di Delio Tessa, 
viale Beatrice d'Este 17, Milano 
foto di Annibale Covini ©;
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Delio Tessa   POESIE
A Tàvoula Ciàna Caporétto 1917
Dé la dél Mùer Él bèl Maghèta Él Cavàl dé bàra
I Cà La mòrt dé la Guessòna Primavera
La poueszìa dé la Òlga Navìli La Poùbia dé cà Coulounèta


collezione poesie in
dialetto milanese di
Delio Tessa 
su Youtube;
voce di 
Annibale Covini Gerolamo


Ciàna, 
poesia in
dialetto milanese di
Delio Tessa 
su Youtube;
voce di 
Annibale Covini Gerolamo


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Giacomo Leopardi




Da Wikipedia:

Giacomo Leopardi
(Giacomo Taldegardo Francesco Salesio Saverio Pietro Leopardi; Recanati, 29 giugno 1798 – Napoli, 14 giugno 1837)
è stato un poeta, filosofo, scrittore, filologo italiano.
È ritenuto il maggior poeta dell'Ottocento italiano e una delle più importanti figure della letteratura mondiale, nonché uno dei principali esponenti del romanticismo letterario, sebbene abbia sempre criticato la corrente romantica di cui rifiutò quello che definiva "l'arido vero", ritenendosi vicino al classicismo.
La profondità della sua riflessione sull'esistenza e sulla condizione umana — di ispirazione sensista e materialista — ne fa anche un filosofo di spessore.
La straordinaria qualità lirica della sua poesia lo ha reso un protagonista centrale nel panorama letterario e culturale internazionale, con ricadute che vanno molto oltre la sua epoca.
Leopardi, intellettuale dalla vastissima cultura, inizialmente sostenitore del classicismo, ispirato alle opere dell'antichità greco-romana, ammirata tramite le letture e le traduzioni di Mosco, Lucrezio, Epitteto, Luciano ed altri, approdò al Romanticismo dopo la scoperta dei poeti romantici europei, quali Byron, Shelley, Chateaubriand, Foscolo, divenendone un esponente principale, pur non volendo mai definirsi romantico.
Le sue posizioni materialistiche — derivate principalmente dall'Illuminismo — si formarono invece sulla lettura di filosofi come il barone d'Holbach, Pietro Verri e Condillac, a cui egli unisce però il proprio pessimismo, originariamente probabile effetto di una grave patologia che lo affliggeva ma sviluppatesi successivamente in un compiuto sistema filosofico e poetico.
Morì nel 1837 poco prima di compiere 39 anni, di edema polmonare o scompenso cardiaco, durante la grande epidemia di colera di Napoli.
Il dibattito sull'opera leopardiana a partire dal Novecento, specialmente in relazione al pensiero esistenzialista fra gli anni trenta e cinquanta, ha portato gli esegeti ad approfondire l'analisi filosofica dei contenuti e significati dei suoi testi.
Per quanto resi specialmente nelle opere in prosa, essi trovano precise corrispondenze a livello lirico in una linea unitaria di atteggiamento esistenziale. Riflessione filosofica ed empito poetico fanno sì che Leopardi, al pari di Blaise Pascal, Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche e più tardi di Kafka, possa essere visto come un esistenzialista o almeno un precursore dell'Esistenzialismo...



Alla Luna di: 
  Giacomo Leopardi 
  interpretata da: 
  Annibale Covini Gerolamo;
  musica sottofondo: 
Hungarian Rhapsody No. 2
of Franz Liszt 
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Internet Archive
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Giacomo Leopardi   POESIE
A Silvia Il passero solitario L' Infinito
La quiete... Canto di un pastore... Alla Luna


collezione poesie di
Giacomo Leopardi 
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voce di 
Annibale Covini Gerolamo


Alla Luna, 
poesia di
Giacomo Leopardi 
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voce di 
Annibale Covini Gerolamo


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Umberto Saba

Umberto Saba 
con golfo di Trieste sul fondo, 
nel 1951

Da Wikipedia:

Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli
(Trieste, 9 marzo 1883 – Gorizia, 25 agosto 1957),
è stato un poeta, scrittore e aforista italiano.
Umberto Saba nacque a Trieste, all'epoca ancora parte dell'Impero austro-ungarico, il 9 marzo 1883, figlio di Ugo Edoardo Poli, un agente di commercio originario di Montereale Valcellina, e di Felicita Rachele Coen, un'ebrea triestina di famiglia benestante (nipote del letterato Samuel David Luzzatto).
Il padre si era convertito alla religione ebraica in occasione delle proprie nozze nel 1882, ma già qualche mese dopo aveva abbandonato la moglie incinta, probabilmente per sfuggire all'arresto seguito all'esecuzione di Guglielmo Oberdan di cui era simpatizzante, ma anche per il carattere «gaio e leggero», insofferente ai legami familiari; bandito dai territori dell'Impero, il primo incontro con il figlio avverrà solo vent'anni dopo.
Diversissima l'indole della madre, che «tutti sentiva della vita i pesi».
Per i primi tre anni di vita venne allevato dalla balia slovena e cattolica Gioseffa Gabrovich Schobar, detta "Peppa" (conosciuta anche come "Peppa Sabaz"), la quale, avendo perso un figlio, riversò sul piccolo Umberto tutto il suo affetto.
Il bambino ricambiò, tanto da considerarla, come egli stesso scrisse, «madre di gioia».
Sarà proprio in omaggio a tale figura sostitutiva materna, che il poeta sceglierà lo pseudonimo di Saba, benché tale cognome si possa interpretare anche quale tributo alle proprie radici ebraiche, in particolar modo alla figura del nonno materno letterato (in ebraico, infatti, tale termine è traducibile in "nonno" o, più genericamente, "persona anziana").
Quando la madre lo rivolle con sé, il bambino subì il suo primo trauma di cui in futuro tratterà nelle poesie raccolte sotto il titolo Il piccolo Berto (1926).
Fu quindi inviato a Padova presso alcuni parenti, dove rimase verosimilmente fino ai dieci anni. Tornato a Trieste, crescerà con la madre e le due zie Fortunata e Regina, l'una vedova e l'altra nubile, impegnate nella conduzione di una bottega di mobili e oggetti usati.
Frequentò, con scarso rendimento, il ginnasio Dante Alighieri (1893-1897), dove fu promosso ma gli venne sconsigliato di proseguire gli studi al liceo. Si iscrisse dunque all'Imperial Regia Accademia di Commercio e Nautica, che però abbandonò a metà anno.
Dall'autunno del 1898 e per circa un anno fu praticante presso un commerciante di farine, periodo che rievocò nel romanzo Ernesto del 1953. L'infanzia e la giovinezza rappresentarono un periodo malinconico, tormentato dalla mancanza del padre. Di carattere solitario e schivo, trascorreva il tempo con pochi amici (tra questi Giorgio Fano e Virgilio Giotti), dedicandosi inoltre alla lettura dei classici, in particolare Leopardi, e alla passione per il violino...
Nel 1955, stanco e ormai malato, nonché sconvolto per le orribili condizioni di salute della moglie, si fece ricoverare in una clinica di Gorizia, dalla quale uscì solo per il funerale dell'amata moglie, morta il 25 novembre 1956.
Saba morì nove mesi dopo, il 25 agosto 1957, e fu sepolto a Trieste nel cimitero di Sant'Anna. Lasciò incompiuto il romanzo d'ispirazione autobiografica Ernesto, alla cui stesura aveva dedicato i suoi ultimi anni, e che, pertanto, venne pubblicato postumo.
Dopo la sua morte sono state pubblicate sulla rivista Pioniere Noi Donne tra il 1967 e il 1968 tre poesie/filastrocche dal titolo: Goal n° 10/1967, Favoletta alla mia bambina n° 12/1967 e La neve n° 5/1968...



Tu sei la nuvoletta,
io sono il vento,
ti porto
ove a me piace...

Favoletta di:
   Saba Umberto interpretata da:
    Annibale Covini Gerolamo;
       musica sottofondo: 
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Camillo Sbarbaro



Da Wikipedia:

Camillo Sbarbaro
(Santa Margherita Ligure, 12 gennaio 1888 – Savona, 31 ottobre 1967)
è stato un poeta, scrittore e aforista italiano.
Vissuto sempre in Liguria, terra da lui amata, si pose all'attenzione del mondo letterario con la raccolta Pianissimo del 1914 che gli permise un'intensa collaborazione con riviste tra cui La Voce.
Nelle sue poesie il disagio esistenziale è sempre espresso con modalità pacate, sommesse; la sua lirica, scarna ed essenziale, descrisse con colori suggestivi i paesaggi liguri, richiamandosi alla tradizione pascoliana.
Fu anche erborista e lichenologo di fama internazionale; le sue raccolte di licheni sono state acquistate ed esposte da numerosi musei.
«Padre, se anche tu non fossi il mio / padre, se anche fossi a me un estraneo / per te stesso egualmente t'amerei.»
(Padre, se anche tu non fossi... dalla raccolta "Pianissimo").
Camillo (all'anagrafe Pietro) Sbarbaro nasce a Santa Margherita Ligure il 12 gennaio 1888.
Il padre Carlo era ingegnere e architetto, figura molto amata dal poeta al quale dedicherà due note poesie nella sua seconda raccolta di versi Pianissimo. La madre, Angiolina Bacigalupo, che era ammalata di tubercolosi, muore molto presto, nel 1893, e il piccolo Camillo e la sorellina Clelia verranno allevati dalla zia Maria detta Benedetta, tanto adorata dal poeta che le dedicherà le poesie di Rimanenze.
Nel 1894 la famiglia si trasferisce nella cittadina ligure di Varazze dove Camillo inizierà le scuole elementari e in seguito il Ginnasio presso l'Istituto dei Salesiani.
Nel 1904 avviene il trasferimento a Savona dove il giovane si iscrive al Liceo Gabriello Chiabrera e intanto conosce lo scrittore Remigio Zena, che, letti alcuni versi del giovinetto, ne incoraggia il proseguimento.
Al Chiabrera avrà come insegnante di filosofia Adelchi Baratono che lo arricchirà intellettualmente e spiritualmente.
Nel 1908 consegue il diploma di licenza e nel 1910 trova lavoro presso l'industria siderurgica di Savona.
Il suo esordio di poeta avviene nel 1911 con la raccolta Resine. Nello stesso anno si trasferisce a Genova.
Nel 1914 pubblica la raccolta di poesie Pianissimo e nello stesso anno si reca a Firenze dove ha modo di conoscere Ardengo Soffici, Giovanni Papini, Dino Campana, Ottone Rosai e altri artisti e letterati che facevano riferimento alla rivista La Voce.
La raccolta ottiene grande consenso e verrà prontamente apprezzata da critici come Giovanni Boine ed Emilio Cecchi.
Quando scoppia la grande guerra, Sbarbaro lascia l'impiego e si arruola come volontario nella Croce Rossa Italiana e nel febbraio del 1917 viene richiamato alle armi. A luglio parte per il fronte.
Scrive in questo periodo le prose di Trucioli che verranno pubblicate nel 1920 a Firenze da Vallecchi.
Nel 1919 la rivista Riviera Ligure gli dedica interamente il suo ultimo fascicolo. Durante l'estate rientra a Genova, frequenta con assiduità Pierangelo Baratono e il gruppo di intellettuali che fanno riferimento al poeta Ceccardo Roccatagliata Ceccardi.
Lasciato il lavoro si guadagna da vivere con le ripetizioni di greco e di latino appassionandosi sempre di più alla botanica e dedicandosi alla raccolta e allo studio dei licheni, sua vera passione.
Conosce intanto Eugenio Montale, che per primo aveva recensito le prose di Trucioli, e frequenta i pittori Adriano Grande, Fausto e Oscar Saccorotti, Paolo Rodocanachi e lo scultore Francesco Messina.
Nel 1921 inizia a collaborare alla "Gazzetta di Genova" con articoli sulla Liguria.
Nel 1927 accetta l'incarico di insegnamento per greco e latino presso l'Istituto Arecco di Genova dei padri Gesuiti, ma è costretto ad abbandonare la cattedra perché non accetta di essere tesserato al Fascio.
Esce intanto nel 1928 il volume Liquidazione che contiene alcune tra le prose scritte negli anni del dopoguerra.
Continua lo studio e la raccolta appassionata sui licheni e in quello stesso anno vende a Stoccolma il suo primo erbario di muscinee.
Gli anni tra il 1928 e il 1933 Sbarbaro li trascorre compiendo numerosi viaggi all'estero e quando è in patria frequenta assiduamente un gruppo di amici letterati e artisti che si riuniscono nella casa di Paolo e Lucia Rodocanachi ad Arenzano o nella casa degli amici Elena De Bosis e Leone Vivante a Solaia, nella campagna senese...


"Padre"
di Camillo Sbarbaro
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Annibale Covini Gerolamo
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Sbarbaro Camillo, 
  Padre 
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  Annibale Covini Gerolamo,
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Wolfgang Goethe


Da Wikipedia:

Johann Wolfgang von Goethe; Francoforte sul Meno, 28 agosto 1749 – Weimar, 22 marzo 1832) è stato uno scrittore, poeta e drammaturgo tedesco.
Considerato dalla scrittrice George Eliot «… uno dei più grandi letterati tedeschi e l'ultimo uomo universale a camminare sulla terra», viene solitamente reputato uno dei casi più rappresentativi nel panorama culturale europeo.
La sua attività fu rivolta alla poesia, al dramma, alla letteratura, alla teologia, alla filosofia, all'umanismo e alle scienze, ma fu prolifico anche nella pittura, nella musica e nelle altre arti.
Il suo magnum opus è il Faust, un'opera monumentale alla quale lavorò per oltre sessant'anni.
Goethe fu l'originario inventore del concetto di Weltliteratur (letteratura mondiale), derivato dalla sua approfondita conoscenza e ammirazione per molti capisaldi di diverse realtà culturali nazionali (inglese, francese, italiana, greca, persiana e araba).
Ebbe grande influenza anche sul pensiero filosofico del tempo, in particolare sulla speculazione di Hegel, Schelling e, successivamente, Nietzsche. Fu coetaneo di Vittorio Alfieri.
Nel 1786 Goethe, a 37 anni, intraprese il suo primo viaggio in Italia, durato quasi due anni: arrivò a Trento il 10 settembre e poi continuò il suo viaggio verso Rovereto e Torbole.
«Eccomi a Rovereto, punto divisorio della lingua; più a nord si oscilla ancora fra il tedesco e l'italiano.
Qui per la prima volta ho trovato un postiglione italiano autentico; il locandiere non parla tedesco, e io devo porre alla prova le mie capacità linguistiche.
Come sono contento che questa lingua amata diventi ormai la lingua viva, la lingua dell'uso!» (Viaggio in Italia, 1829)
Entrato nel territorio della Repubblica di Venezia si fece malaccortamente sorprendere a Malcesine mentre redigeva uno schizzo del castello. Fu quindi sospettato di essere una spia e tratto in arresto, per essere poi liberato appena venne confermata la sua identità.
Il lago di Garda gli fece una grandissima impressione, in quanto il clima mediterraneo, gli uliveti e gli agrumi del Benaco gli schiudevano un nuovo mondo e quando, poche settimane dopo, giunse a Verona, ricchissima di resti romani, il suo entusiasmo salì alle stelle, soprattutto dopo la visita all'Arena.
Dopo Verona, Goethe si spostò dapprima a Vicenza. Qui visitò alcune opere architettoniche di Andrea Palladio, lodando l'artista, e Villa Valmarana ai Nani, elogiando il Tiepolo.
Il 28 settembre, alle cinque di sera, Goethe arrivò a Venezia e, alla vista di una gondola, lo scrittore rammentò un modello in miniatura che il padre aveva portato dal suo viaggio in Italia. Qua si fermò per 16 giorni dove, oltre alle opere artistiche, tra cui i Cavalli di San Marco, si divertì molto a vedere nei teatri gli spettacoli della Commedia dell'arte; inoltre si fece portare al Lido di Venezia, dove per la prima volta vide il mare.
Proseguì quindi per Roma e soggiornò in via del Corso 18 dove oggi c'è il museo la Casa di Goethe e riscrisse Ifigenia in Tauride in versi, poi nel febbraio-giugno 1787 arrivò a Napoli, dove si fermò più di un mese.
In città soggiornò presso Palazzo Filangieri d'Arianello (dove è ora presente anche una targa in suo onore) e Palazzo Sessa, all'epoca sede dell'Ambasciata inglese nel Regno di Napoli.
A Napoli conobbe Jakob Philipp Hackert e Gaetano Filangieri. Salì per due volte sul Vesuvio in eruzione, visitò Pompei, Ercolano, Portici, Caserta, Torre Annunziata, Pozzuoli, Salerno, Paestum e anche Cava de' Tirreni, città da cui rimase particolarmente affascinato.
Sbarcò poi in Sicilia, visitando Palermo, Segesta, Selinunte e Agrigento, passando per Caltanissetta, quindi sul versante est a Catania, Taormina e Messina. Ne rimase estasiato, affermando alle fine del suo lungo viaggio:
«L'Italia, senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto... La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l'unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra... chi li ha visti una sola volta, li possederà per tutta la vita.»
Goethe alloggiò a Catania nel 1787.
Dopo un secondo soggiorno a Napoli, rientrò a Roma e infine il 18 giugno 1788 a Weimar, dopo aver trascorso due anni di piena felicità, nel duplice appagamento dei sensi e dello spirito, grazie all'amore e all'incanto della civiltà antica.
Il paesaggio, l'arte e il carattere del popolo italiano incarnarono il suo ideale di fusione di spirito e sensi.
Qui egli riuscì a dare la forma definitiva a quella Ifigenia in Tauride che, scritta in prosa, trovò il suo compimento nel Blank verse o "pentapodia giambica". Durante il suo soggiorno di più di un anno a Roma commissionò allo scultore di Sciaffusa Alessandro Trippel il proprio famoso busto marmoreo.
La Ifigenia venne giudicata il vangelo del moderno umanesimo.
Questo dramma, come tutti i drammi di Goethe, fu una tragedia solo in potenza, infatti Ifigenia avrebbe salvato il fratello dalla follia e Toante dall'ingiustizia, ma, soprattutto, grazie alla propria forza morale, avrebbe trionfato sul destino e mantenuto la propria libertà.
Un altro esempio di questo peculiare intendere il dramma, fu il Torquato Tasso, altra opera portata a termine in Italia (Goethe visitò la cella del Tasso e la casa di Ludovico Ariosto a Ferrara e gli antichi palazzi degli Estensi), nel quale lo scrittore tedesco celebrò nel poeta italiano il proprio demone giovanile...


"Prometeo"
Johann Wolfgang
von Goethe
interpretato da:

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Johann Wolfgang von Goethe,
   Prometeo 
   interpretato da: 
   Annibale Covini Gerolamo

Johann Wolfgang
von Goethe
"Prometheus"

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Annibale Covini Gerolamo
Sprache

Johann Wolfgang von Goethe 
  Prometheus; 
  Annibale Covini Gerolamo Sprache








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Lord Byron


Annibale Covini Gerolamo a Portovenere, 
scoglio Byron, La Spezia, Italia; 
foto scattata da Zeno Covini


Da Wikipedia:

George Gordon Noel Byron, sesto barone di Byron, meglio noto come Lord Byron RS (Londra, 22 gennaio 1788 – Missolungi, 19 aprile 1824), è stato un poeta e politico britannico.
Considerato da molti uno dei massimi poeti britannici, Byron è stato un uomo di spicco nella cultura del Regno Unito durante il secondo Romanticismo, del quale è stato l'esponente più rappresentativo insieme con John Keats e Percy Bysshe Shelley. La sua unica figlia coniugale, Ada Lovelace, è considerata una figura fondamentale nel campo della programmazione di computer in base ai suoi appunti per Analytical Engine di Charles Babbage...
In Italia
Attraversate le Alpi, Byron sostò nell'ottobre del 1816 a Milano, dove entrò in contatto con Pellico e Monti e conobbe Stendhal, per poi spingersi fino a Venezia, dove arrivò nel novembre 1816 per poi risiedervi per tre anni. Qui apprese l'italiano, il veneto, l'armeno e lavorò al quarto canto del Childe Harold, al Beppo e ai primi due canti del Don Juan, che fecero furore in Inghilterra, pur se pubblicati anonimi nel 1819; in ogni caso, Byron non trascurò affatto piaceri meno intellettuali, cimentandosi in dongiovannesche avventure (si vantò di avere posseduto più di duecento donne) e in due importanti relazioni, prima con la moglie del suo padrone di casa, Marianna Segati, e poi con la ventiduenne Margarita Cogni (la Fornarina), facendo della propria dimora sul Canal Grande una sorta di harem. Il soggiorno nella città lagunare – la «Cibele marina», come viene chiamata nel Childe Harold – fu brevemente interrotto solo tra l'aprile e il maggio del 1817, quando il poeta visitò Roma, passando per Ferrara (che gli ispirò il Lament of Tasso). Nell'aprile del 1819 nel salotto di Marina Querini Byron conobbe la diciottenne Teresa, sposata da un anno con il ricco sessantenne conte Guiccioli: la donna divenne ben presto la sua amante e i due si stabilirono verso la fine del 1819 a Ravenna, dove i Guiccioli vivevano. La giovane esercitò un'influenza assolutamente benefica sul poeta, che finalmente adottò uno stile di vita più salutare, senza però cessare di anelare a nuove avventure, tanto che tra il 1820 e il 1821 entrò nella Carboneria attraverso i contatti del fratello di Teresa, il conte Pietro Gamba.
Nella città romagnola Byron scrisse altri tre canti del Don Juan, Marino Faliero, Sardanapalus, The Two Foscari, Cain: a Mistery, The Prophecy of Dante e altri scritti che rivelavano l'odio che Byron nutriva nei confronti della tirannia, che in suolo italico trovava espressione nella Santa Sede. Volendone fare una cattolica romana, inoltre, Byron accompagnò nel marzo del 1821 la figliuola Allegra nell'educandato gestito dalle suore di Bagnacavallo, in Romagna.
Nel frattempo, al fallimento dei moti insurrezionali del 1820-1821 seguirono gli arresti e le confische, e i due amanti dovettero fuggire a Pisa. Nella città toscana Byron visse nel palazzo Toscanelli, dove raccolse intorno a sé un gruppo cosmopolita di letterati e di artisti che annoverava, oltre a Shelley, anche Edward Williams, Thomas Medwin, Edward John Trelawny, Leigh Hunt e John Taaffe.
In seguito a una rissa tra il suo domestico Tita e il sergente Stefano Masi fu tenuto sott'occhio dalla polizia toscana: così, abbandonò il Circolo pisano e la città e si trasferì a Montenero, nei pressi di Livorno, soggiornando nella Villa Dupouy.
Fu qui che iniziò la pubblicazione del periodico Liberal con Leigh Hunt, suo ospite, su cui apparve The Vision of Judgement, in aspra polemica col Southey, che aveva pubblicato un libello omonimo, zeppo di accondiscendenza, in memoria di Giorgio III.
Sullo stesso Liberal venne pubblicato Heaven and Earth - A Mistery. La serenità di questi ultimi anni andò tuttavia a frantumarsi proprio in questo periodo, allorché lo colpirono i lutti di Allegra (spirata il 21 aprile 1822) e immediatamente dopo di Shelley, affogato assieme all'amico Edward Elleker Williams a causa di un'improvvisa e violenta burrasca che aveva colpito la sua imbarcazione a dieci miglia da Viareggio. Byron, anche per l'espulsione dei Gamba per motivi politici, abbandonò il Granducato di Toscana per andare ad abitare a Genova nel Quartiere di Albaro.
Nel viaggio verso Genova passò per Lerici ed il 13 giugno 1822 la Bolivar di Lord George Byron, irrompeva nelle calme acque della baia di San Terenzo sparando sei colpi di cannone per salutare gli amici.
Lord Byron fu infatti ospite degli Shelley a Villa Magni, ed in questa occasione, grande nuotatore quale era al contrario di Shelley, effettuò la sua traversata a nuoto da Porto Venere a San Terenzo, attraversando il golfo nuotando per otto chilometri fino a San Terenzo...

"Darkness"
of
Lord Byron,

Annibale Covini Gerolamo
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voice

Darkness of: 
  Lord  Byron 
  interpretata da: 
  Annibale Covini Gerolamo








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 Lillo Sciortino 

"Madre"
di:
Lillo Sciortino
interpretata da:

Annibale Covini Gerolamo
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Madre di: 
  Lillo Sciortino 
  interpretata da: 
  Annibale Covini Gerolamo







"E poi il buio"
di Lillo Sciortino
interpretata da:

Annibale Covini Gerolamo
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E poi il buio 
  di Lillo Sciortino 
  interpretata da: 
  Annibale Covini Gerolamo


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Oscar Delnegro

Oscar Delnegro
"Padre"
voce di

Annibale Covini Gerolamo
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Oscar Delnegro Padre 
  voce di Annibale Covini


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PROSA







Italo Svevo

"La coscienza di Zeno"
di Italo Svevo
interpretata da:

Annibale Covini Gerolamo
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La cosciènza di Zèno
Italo Svevo - 1916
...
Fórse, travèrso una catàstrofe inaudìta, prodótta dàgli ordìgni, ritornerémo alla salùte. Quàndo i gas velenósi nón basterànno piú, un uòmo, fàtto cóme tùtti gli àltri, nél segréto di una stànza di quésto móndo, inventerà un esploṣìvo incomparàbile... Ed un àltro uòmo fàtto anche lùi cóme tùtti gli àltri, ma dégli àltri un po’ piú ammalàto, ruberà tàle esploṣìvo e s’arrampicherà al cèntro délla Tèrra pér pórlo nél pùnto óve il suo effètto potrà èssere il màssimo.     Ci sarà un’esploṣióne enórme, che nessùno udrà, e la Tèrra, ritornàta alla fórma di nebulósa, errerà néi cièli, prìva di parassìti e di malattìe.
FINE



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Carlo Collodi



Da Wikipedia:

Carlo Collodi, pseudonimo di Carlo Lorenzini
(Firenze, 24 novembre 1826 – Firenze, 26 ottobre 1890),
è stato uno scrittore e giornalista italiano. È divenuto celebre come autore del romanzo
Le avventure di Pinocchio.
Storia di un burattino, più noto come Pinocchio.
Il romanzo è stato tradotto in 240 lingue ed è divenuto celebre in tutto il mondo; un calcolo delle copie di Pinocchio vendute in Italia e nel mondo è impossibile, anche perché i diritti d'autore caddero nel 1940, e a partire da quella data chiunque poté riprodurre liberamente l'opera di Collodi.
Nacque nel 1826 a Firenze in via Taddea.
Il padre, Domenico Lorenzini (Cortona 30 marzo 1795 - settembre 1848),
era cuoco e la madre, Angiolina Orzali (Veneri, Collodi 18 agosto 1800 - 1886) era sarta e cameriera, ambedue al servizio dei marchesi Ginori. Angiolina era figlia del fattore dei marchesi Garzoni Venturi, che amministrava il podere di Veneri, alle porte del paese di Collodi, il cui nome ispirò lo pseudonimo adottato da Lorenzini.
Dal matrimonio (celebrato il 12 febbraio 1826) di Domenico con Angiolina nasceranno ben dieci figli: Carlo, Marianna (19 gennaio 1828 - 13 settembre 1829), Paolo (13 aprile 1829 - 17 novembre 1891), Maria Adelaide (6 agosto 1831 - 1871), Marianna Seconda (19 novembre 1832 - 20 dicembre 1838), Giuseppina (25 dicembre 1834 - dicembre 1850), Paolina Antonietta (18 aprile 1836 - 28 gennaio 1839), Giovannina Letizia (24 giugno 1837 - 1839), Lorenzo (18 novembre 1839 - 1839) ed Ippolito (3 agosto 1842 - 1923).
Il giovane Lorenzini poté studiare grazie all'aiuto della famiglia Ginori: visse per un periodo, durante l'infanzia (che però trascorse perlopiù a Collodi presso il nonno materno), in una loro casa in Via Taddea e, quando il fratello Paolo divenne amministratore della fabbrica Ginori, nel palazzo Ginori di via de' Rondinelli, sulla facciata del quale una targa ne ricorda la permanenza durante gli ultimi anni della vita.
Dal 1837 fino al 1842 entrò in seminario a Colle di Val d'Elsa; non diventò prete, ma ricevette una buona istruzione. Fra il 1842 e il 1844 seguì lezioni di retorica e filosofia a Firenze, presso un'altra scuola religiosa degli Scolopi.
Interruppe gli studi superiori nel 1844, ma aveva già cominciato a lavorare come commesso nella libreria Piatti di Firenze probabilmente fin dal 1843. Nel 1845 è tanto considerato da ottenere una dispensa ecclesiastica che gli permette di leggere i libri messi all'indice dei libri proibiti. Non è certo che collaborasse a La Rivista di Firenze, mentre a partire dal 29 dicembre 1847, pubblicando l'articolo di musicologia L'Arpa, cominciò a scrivere per L'Italia Musicale, giornale milanese di cui divenne ben presto una delle firme di maggior richiamo.
Il ruolo intellettuale di Collodi sarà prezioso, perché l'autore toscano trasmetterà a molti scapigliati milanesi alcune tematiche critiche fondamentali, relative al teatro di prosa e musicale, alla poesia e al romanzo del suo tempo, che alimenteranno a lungo il dibattito culturale nel nostro paese.
Nel 1848, allo scoppio della Prima guerra d'indipendenza Carlo si arruolò volontario combattendo con il battaglione toscano a Curtatone e Montanara. Tornato a Firenze fondò uno dei maggiori giornali umoristico-politici dell'epoca: Il Lampione, soppresso nel 1849. Cominciò per lui, patriota, un periodo non facile nella Toscana granducale, tanto che Lorenzini viaggiò spesso a Milano e Torino, fermandovisi per lunghi periodi. Il giornalismo umoristico fu allora la sua principale risorsa: da qui la collaborazione con numerose testate umoristiche, che affrontavano, all'insegna del riso e del sorriso, argomenti artistici, teatrali e letterari: l'Arte, La Scena (a cui collaborò anche Ippolito Nievo), La Lente e altre. Nel 1853 fondò lo Scaramuccia, che divenne presto uno dei maggiori giornali teatrali italiani, fornendo letteralmente il modello a tanti altri fogli analoghi, sorti in tutta Italia.
Si occupò di tutto con grande competenza: musica, teatro, letteratura.
Nel 1856, collaborando con il giornale umoristico fiorentino La Lente firmò per la prima volta con lo pseudonimo di Collodi. Dello stesso anno sono le sue prime opere importanti: Gli amici di casa e Un romanzo in vapore.
Da Firenze a Livorno. Guida storico-umoristica. Nel 1859 partecipò alla Seconda guerra d'indipendenza arruolandosi come volontario nel reggimento sabaudo dei Cavalleggeri di Novara. Finita la campagna militare ritornò a Firenze. Nel 1860 diventò censore teatrale. Nel 1868, su invito del Ministero della Pubblica Istruzione, entrò a far parte della redazione di un dizionario di lingua parlata, il Novo vocabolario della lingua italiana secondo l'uso di Firenze.
Prima pagina del Giornale per i Bambini con il terzo capitolo de Le Avventure di Pinocchio (14 luglio 1881).
Nel 1875 ricevette dall'editore Felice Paggi l'incarico di tradurre le fiabe francesi più famose. Collodi non solo tradusse, ma ricreò in italiano inserendovi una morale, un corpus di fiabe sotto il titolo I racconti delle fate, tratte dall'edizione Hachette del 1853 di fiabe di Charles Perrault, Marie-Catherine d'Aulnoy, Jeanne-Marie Leprince de Beaumont. Il volume uscì l'anno successivo.
Nel 1877 apparve Giannettino e nel 1878 fu la volta di Minuzzolo. Il 7 luglio 1881, sul primo numero del periodico per l'infanzia Giornale per i Bambini (pioniere dei periodici italiani per ragazzi diretto da Ferdinando Martinii), uscì la prima puntata de Le Avventure di Pinocchio, con il titolo Storia di un burattino.
Secondo il saggio di Gianni Greco Quel copione di Collodi (Pinocchio non fu il primo naso), del 2018, Collodi si sarebbe ispirato per la stesura del suo più celebre romanzo a fonti antecedenti.
Nel 1883 pubblicò Le avventure di Pinocchio raccolte in volume. Dal 12 aprile di quell'anno, e fino all'8 dicembre 1886, fu direttore del Giornale per i Bambini.
All'apice del successo, il 26 ottobre 1890, a un mese e due giorni dal compimento del suo sessantaquattresimo anno, Collodi si sente male sulle scale di casa mentre sta rientrando alle dieci e mezza di sera: portato nel suo letto, muore pochi minuti dopo, forse per un aneurisma. È sepolto nel cimitero delle Porte Sante...


Le avventure di
Pinocchio
interpretate da:




Le avventure di Pinocchio 
  interpretate da: 
  Annibale Covini Gerolamo


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Edmondo De Amicis

ritratto di Edmondo De Amicis

Da Wikipedia:

Edmondo Mario Alberto De Amicis
(Oneglia, 21 ottobre 1846 – Bordighera, 11 marzo 1908)
è stato uno scrittore, giornalista e militare italiano.
È conosciuto per essere l'autore di Cuore, uno dei libri più popolari della letteratura mondiale per ragazzi.
Amicis nacque in piazza Vittorio Emanuele I, ora intitolata a suo nome, a Oneglia, prima che fosse accorpata a Porto Maurizio e ad altri 9 comuni nell'unica città di Imperia nel 1923.
All'età di due anni, però, la sua famiglia si trasferì in Piemonte, dapprima a Cuneo, dove il piccolo Edmondo studiò alle scuole primarie, quindi a Torino, dove frequentò il collegio Candellero.
Era di famiglia benestante: il padre Francesco (1791-1863), genovese originario del Centro Italia, copriva mansioni di regio banchiere di sali e tabacchi. La madre, Teresa Busseti, originaria dell'Alessandrino, faceva parte dell'alta borghesia. Sia la sua casa ligure (poi diventata sede della Guardia di Finanza) che quella di Cuneo (poi diventata caserma militare "Carlo Emanuele", ai bastioni di Stura, con vista sul Monviso) furono ampie ed eleganti...
Dal 1877 circa De Amicis si stabilì in Piemonte, viaggiando tra la casa di Torino e quella di Pinerolo (a circa 40 km da Torino), soprattutto durante i mesi estivi, presso l'elegante villa D'Aquiland, chiamata successivamente villa Accusani e quindi denominata La Graziosa (sul viale Gabotto, in quartiere San Maurizio).
Qui scrisse Alle porte d'Italia, dedicato alla città e ai territori valligiani circostanti (un esempio per tutti, il capitolo de Le termopili valdesi, ambientato in zona Gheisa 'dla tana di Angrogna).
Nel 1884 la città di Pinerolo gli conferì la cittadinanza onoraria, con diploma datato 4 aprile...
Dal 1884 circa lo scrittore visse stabilmente nel suo alloggio-studio di Torino, presso il palazzo Perini di piazza San Martino 1 - ora piazza XVIII Dicembre - davanti alla storica stazione ferroviaria di Porta Susa, dove ancor oggi una targa lo ricorda. Qui De Amicis scrisse (ispirato dalla vita scolastica dei suoi figli Ugo e Furio) quella che fu considerata la sua più grande opera.
Pubblicato infatti per la prima volta il 18 ottobre 1886 (il primo giorno di scuola di quell'anno) come libro per ragazzi, la casa editrice milanese Treves fece uscire Cuore, una raccolta di episodi ambientati tra dei compagni di una classe elementare di Torino, provenienti da regioni diverse, e costruito come finzione letteraria di un diario di un ipotetico ragazzo, l'io narrante Enrico Bottini.
Il romanzo ebbe subito grande successo, tanto che in pochi mesi si superarono quaranta diversi tipi di edizioni e decine di traduzioni in lingue straniere.
Il libro fu di forte carattere educativo-pedagogico (insieme al successo italiano di soli tre anni prima, Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi), molto apprezzato perché ricco di spunti morali attorno ai miti affettivi (da cui il titolo) e patriottici del Risorgimento. Tuttavia, fu ampiamente criticato dai cattolici per l'assenza totale di tradizioni religiose (i bambini di Cuore non festeggiano nemmeno il Natale), specchio politico delle aspre controversie tra il Regno d'Italia e Papa Pio IX dopo la presa di Roma del 1870.
Dal 1889 De Amicis si avvicinò al socialismo, fino ad aderirvi totalmente nel 1896.
Questo mutamento d'indirizzo è visibile nelle sue opere successive, in cui presta molta attenzione alle difficili condizioni delle fasce sociali più povere, superando le idee nazionalistiche che avevano animato Cuore.
Amico di Turati, collaborò a giornali legati al Partito socialista, come la Critica Sociale e La lotta di classe...
Gli ultimi anni furono rattristati sia dalla morte della madre Teresa, alla quale era molto legato, sia dai continui screzi con la moglie Teresa Boassi, che aveva sposato nel 1875. Si scatenavano spesso tra i due delle accese liti, che contribuirono probabilmente al suicidio del figlio maggiore Furio. Questi si sparò nel novembre 1898 un colpo di pistola presso una panchina del parco del Valentino.
L'altro figlio, Ugo, si ritirò nella solitudine delle passeggiate in montagna.
Non solo questi eventi funesti portarono lo scrittore a cambiar casa, trasferendosi da piazza San Martino in un piccolo studiolo dell'appena terminata via Pietro Micca (al numero 10) ma, qualche anno dopo, ad allontanarsi definitivamente da Torino...
Nel 1908, durante un soggiorno a Bordighera, fu colpito da un'emorragia cerebrale e morì in una camera dell'allora hotel Regina, albergo scelto dallo scrittore perché vi aveva abitato pochi anni prima il poeta George MacDonald, che proprio lì aveva fondato il centro culturale letterario Casa Coraggio; l'edificio si trova in via Vittorio Veneto 34, dove due targhe commemorative li ricordano entrambi. Secondo le sue ultime volontà, il suo corpo fu immediatamente traslato e tumulato presso la tomba di famiglia, nel Cimitero monumentale di Torino...


primo episodio del
"Libro Cuore"
Lunedì 17 ottobre,
primo giorno di scuola...
interpretato da:

Annibale Covini Gerolamo
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primo episodio del
   Libro Cuore di Edmondo De Amicis; 
   17 ottobre primo giorno di scuola; 
   interpretato da: Annibale Covini Gerolamo
musica sottofondo:
Shattered Path di
Aakash Gandhi
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Gianni Rodari

foto di Gianni Rodari

Da Wikipedia:

Giovanni Francesco Rodari,
detto Gianni (pronuncia /roˈdari/; Omegna, 23 ottobre 1920 – Roma, 14 aprile 1980),
è stato uno scrittore, pedagogista, giornalista, poeta e partigiano italiano, specializzato in letteratura per l'infanzia e tradotto in molte lingue. Unico scrittore italiano ad aver vinto il prestigioso Premio Hans Christian Andersen nel 1970, fu uno fra i maggiori interpreti del tema "fantastico" nonché, grazie alla Grammatica della fantasia del 1973, sua opera principale, uno fra i principali teorici dell'arte di inventare storie...
Gianni Rodari nacque il 23 ottobre 1920 a Omegna, sul lago d'Orta, da Giuseppe Rodari, fornaio che possedeva il negozio in via Mazzini, via principale di Omegna, sposato in seconde nozze con Maddalena Aricocchi, commessa nella bottega paterna. Oggi sulla parete della sua casa natale che dà sulla strada è posta una targa che lo ricorda. Poiché i genitori stavano in negozio, venne seguito nel corso della sua infanzia da una balia di Pettenasco. A Omegna frequentò le prime quattro classi elementari, ma poi, in seguito alla morte del padre per broncopolmonite avvenuta nel 1929, si trasferì a Gavirate (VA), paese natale della madre, a nove anni, insieme con il fratello Cesare (1921-1982).
In seguito, la madre cedette l'attività del marito al fratellastro di Gianni, Mario (1908-1966), nato dalle prime nozze del padre. Nel 1931 la madre lo fece entrare nel seminario cattolico di San Pietro Martire di Seveso in provincia di Milano, ma comprese ben presto che non era la strada giusta per il figlio e nel 1934 lo iscrisse alle magistrali. Erano anche anni di passione musicale: Rodari prendeva lezioni di violino. Con alcuni amici formò un trio e cominciò a suonare nelle osterie e nei cortili della zona, ma la madre non lo incoraggiò.
Nel 1937 Rodari si diplomò come maestro presso Gavirate.
Nel 1938 fece il precettore a Sesto Calende, presso una famiglia di ebrei tedeschi fuggiti dalla Germania. Nel 1939 si iscrisse alla facoltà di lingue dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, abbandonando però i corsi dopo pochi esami. Insegnò in seguito a Brusimpiano, Ranco e Cardana di Besozzo.
Come egli stesso raccontò, la sua scuola non fu grandiosa a causa della sua giovane età, tuttavia si rese conto che fu una scuola divertente dove i bambini utilizzavano la fantasia addirittura per aiutarlo a correggere le sue stesse opere: questa, insieme a molte altre, fu una delle caratteristiche basilari di Rodari, che lo faranno sempre riconoscere per la sua originalità...
Nel 1968, stanco di Paese Sera, pensò di accettare l'offerta di Giulio Einaudi Editore, che con Editori Riuniti pubblicava allora i suoi libri, e di trasferirsi a Torino, ma aveva da poco traslocato nel quartiere Gianicolense in attesa di andare a vivere in una nuova casa a Manziana e, poiché la moglie lavorava e non volevano creare traumi di trasferimento nella figlia in età scolare, rimase a Roma. Dopo la morte di Ada Gobetti, assunse la direzione del Giornale dei genitori, incarico che tenne fino all'inizio del 1977).
Nel 1970 vinse il Premio Hans Christian Andersen.
Nel 1973 uscì il suo capolavoro pedagogico: Grammatica della fantasia, saggio indirizzato a insegnanti, genitori e animatori, nonché frutto di anni di lavoro passati a relazionarsi con il campo della "fantastica". Con il celebre pseudonimo di Benelux, teneva su Paese Sera una rubrica-corsivo quotidiana molto seguita.
Si recò più volte in Unione Sovietica, dove i suoi libri erano diffusi in tutte le scuole delle repubbliche. Intraprese viaggi anche in Cina e in Bulgaria.
Nel 1976, insieme alla partigiana e giornalista Marisa Musu, fondò l'associazione di promozione sociale denominata Coordinamento Genitori Democratici, una ONLUS impegnata ad insegnare e praticare i valori di una scuola antifascista, laica e democratica, membro del Forum nazionale delle associazioni dei genitori nella scuola, istituito in seno al Ministero della Pubblica Istruzione.
Fino all'inizio del 1980 continuò le collaborazioni giornalistiche e partecipò a molte conferenze e incontri nelle scuole italiane con insegnanti, genitori, alunni e gruppi teatrali per ragazzi.
Suoi testi pacifisti sono stati musicati da Sergio Endrigo e da altri cantautori italiani. Il 10 aprile 1980 venne ricoverato in una clinica a Roma per potersi sottoporre a un intervento chirurgico alla gamba sinistra, data l'occlusione di una vena; morì quattro giorni dopo, il 14 aprile, per shock cardiogeno, all'età di 59 anni.
Le sue spoglie furono sepolte nel cimitero del Verano, dove tuttora riposano.
Gianni Rodari, scrittore e giornalista famoso per fantasia e originalità, attraverso racconti, filastrocche e poesie, divenute in molti casi classici per ragazzi, ha contribuito a rinnovare profondamente la letteratura per ragazzi.
Tra le sue opere maggiori si ricordano Filastrocche in cielo e in terra, Il libro degli errori, Favole al telefono, Il gioco dei quattro cantoni, C'era due volte il barone Lamberto.
Dal libro La Freccia Azzurra è stato tratto un omonimo film d'animazione nel 1996.
Il successo raccolto dall'autore in Unione Sovietica ha portato anche in quel Paese alla realizzazione di cartoni animati tratti dalle opere di Rodari, come Cipollino (1961), recentemente tradotto e diffuso in Italia per il mercato home video, o Rassejannyj Džovanni (1969), tratto da La passeggiata di un distratto.



Il Cacciatore Sfortunato
di
Gianni Rodari
racconto interpretato da:

Annibale Covini Gerolamo
 home page


Il Cacciatore Sfortunato,
   di Gianni Rodari;
    racconto interpretato da: 
    Annibale Covini Gerolamo


Annibale Covini Gerolamo
 a Genova, Italia

"Storia Universale"
di
Gianni Rodari
racconto interpretato da:

Annibale Covini Gerolamo
 home page

Il Cacciatore Sfortunato, 
  di Gianni Rodari; 
  racconto interpretato da: 
  Annibale Covini Gerolamo
musica sottofondo:
Summer Simphony Ball
of Sir Cubworth
no attribution required


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Alessandro Manzoni

ritratto del 1841 di
 Alessandro Manzoni,
  dipinto da Francesco Hayez


Da Wikipedia:

Alessandro Manzoni,
nome completo Alessandro Francesco Tommaso Antonio Manzoni
(Milano, 7 marzo 1785 – Milano, 22 maggio 1873),
è stato uno scrittore, poeta e drammaturgo italiano.
Considerato uno dei maggiori romanzieri italiani di tutti i tempi per il suo celebre romanzo I promessi sposi, caposaldo della letteratura italiana, Manzoni ebbe il merito principale di aver gettato le basi per il romanzo moderno e di aver così patrocinato l'unità linguistica italiana, sulla scia di quella letteratura moralmente e civilmente impegnata propria dell'Illuminismo italiano.
Passato dalla temperie neoclassica a quella romantica, il Manzoni, divenuto fervente cattolico dalle tendenze liberali, lasciò un segno indelebile anche nella storia del teatro italiano (per aver rotto le tre unità aristoteliche) e in quella poetica (nascita del pluralismo vocale con gli Inni Sacri e della poesia civile).
Il successo e i numerosi riconoscimenti pubblici e accademici (fu senatore del Regno d'Italia) si affiancarono a una serie di problemi di salute (nevrosi, agorafobia) e famigliari (i numerosi lutti che afflissero la vita domestica dello scrittore) che lo ridussero in un progressivo isolamento esistenziale. Nonostante quest'isolamento, Manzoni fu in contatto epistolare con la migliore cultura intellettuale francese, con Goethe, con intellettuali di primo ordine come Antonio Rosmini e, seppur indirettamente, con le novità estetiche romantiche britanniche (influsso di Walter Scott per il genere del romanzo)...
Alessandro Manzoni proveniva, dal lato materno, da una famiglia illustre, i Beccaria. Il nonno materno di Manzoni, infatti, era Cesare Beccaria, autore del trattato Dei delitti e delle pene, che fu uno dei principali animatori dell'illuminismo lombardo.
A detta del Manzoni stesso, lui e il nonno si conobbero soltanto una volta, in occasione della visita della madre presso il celebre padre. La parentela coi Beccaria lo rendeva inoltre lontano cugino dello scrittore scapigliato Carlo Dossi.
Più modesta era invece la famiglia paterna: don Pietro Manzoni, il padre di Alessandro, discendeva da una nobile famiglia di Barzio, in Valsassina, e stabilitasi a Lecco (nella località del Caleotto) nel 1612 in seguito al matrimonio di Giacomo Maria Manzoni con Ludovica Airoldi nel 1611.
Per quanto don Pietro Antonio Pasino Manzoni (1657-1736) avesse poi ricevuto il feudo di Moncucco nel novarese nel 1691, e per quanto in virtù di ciò fossero conti, il titolo a Milano non era valido perché "straniero".
Inizialmente don Pietro presentò al governo austriaco una richiesta ufficiale perché fosse riconosciuto, ma poi preferì non insistere. In ogni caso, quando Roma attribuirà molto più tardi la cittadinanza al Manzoni, il titolo comitale apparirà sull'atto ufficiale e verrà mantenuto dalla sua discendenza...
I promessi sposi:
Manzoni iniziò a dedicarsi alla scrittura di un romanzo a partire dall'autunno del 1821, ma la stesura vera e propria del Fermo e Lucia era iniziata il 24 aprile 1821, dopo aver letto l’Ivanhoe tradotto in francese. Nella quiete della sua villa di Brusuglio, Manzoni iniziò a scrivere il suo romanzo dopo aver quindi iniziato la lettura dei romanzi europei, specialmente inglesi, in quanto la letteratura italiana si era concentrata su altre tipologie di generi prosaici.
Oltre a Walter Scott Manzoni, seguendo la metodologia già adottata per le tragedie, cominciò un vero e proprio lavoro di documentazione storica, basato sulla lettura della Historia patria di Giuseppe Ripamonti e dell’Economia e statistica di Melchiorre Gioia. In base alle postille lasciate dal Manzoni, la prima minuta del Fermo e Lucia (titolo suggerito dall'amico Ermes Visconti, come testimoniato in una lettera del 3 aprile 1822[), consisteva in un foglio protocollo diviso in due colonne: a sinistra Manzoni scriveva il testo, mentre sulla destra riportava le correzioni.
La seconda fase di stesura del romanzo, dovuta all'ultimazione dell’Adelchi e alla stesura del Cinque maggio, terminò il 17 novembre 1823 e il manoscritto fu edito nel 1825.
Il passaggio dal Fermo e Lucia, la cui struttura narrativa risultava poco armonica a causa della divisione in tomi e di ampie parti narrative dedicate a suor Gertrude, a I promessi sposi fu alquanto travagliato per la ridefinizione dell'architettura dell'opera. Oltre al problema espositivo, Manzoni si accorse del linguaggio artificioso e letterario da lui usato, elemento non rispondente alle esigenze realistiche cui tendeva la sua poesia.
Scegliendo il toscano come lingua colloquiale per i suoi personaggi, pubblicò la cosiddetta ventisettana (nome dato alla prima edizione de I promessi sposi) ma, consapevole della necessità di ascoltare direttamente l'eloquio di quella regione, decise di partire per Firenze...
Manzoni, a parte i disturbi nervosi da cui era affetto e una malattia che lo colpì nel 1858, godette sempre di ottima salute. L'anno 1873 fu però l'ultimo della sua vita: il 6 gennaio cadde battendo la testa su uno scalino all'uscita dalla chiesa di San Fedele di Milano, procurandosi un trauma cranico.
Manzoni si accorse, già dopo qualche giorno, che le sue facoltà intellettive cominciavano lentamente a scemare, fino a cadere in uno stato catatonico negli ultimi mesi di vita.
Le sofferenze furono acuite dalla morte del figlio maggiore Pier Luigi, avvenuta il 28 aprile, e quasi un mese dopo, il 22 maggio alle ore sei e quindici del pomeriggio, spirò per una meningite contratta a seguito del trauma.
Il corpo fu poi imbalsamato da sette medici incaricati del processo da parte del Comune di Milano tra il giorno 24 e il 27 maggio...



"I Promessi Sposi"
di
Alessandro Manzoni
voce di:

Annibale Covini Gerolamo
 home page

CAPITOLO OTTAVO
...
Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana!
Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d'essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso.
Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell'ampiezza uniforme; l'aria gli par gravosa e morta; s'inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a' suoi monti. ...


I Promessi Sposi, 
  di Alessandro Manzoni; 
  episodio: Addio Monti... 
  interpretato da: 
  Annibale Covini Gerolamo, 
  su Youtube


CAPITOLO PRIMO
Quel ramo del lago di Còmo, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.
La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l’uno detto di san Martino, l’altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega: talchè non è chi, al primo vederlo, purchè sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma più comune...



I Promessi Sposi, 
inizio PRIMO CAPITOLO, 
letto da Annibale Covini Gerolamo, 
su You Tube


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TEATRO

Annibale Covini artphotography ©; 
Galleria Arte Moderna Milano, 
Adolfo Wildt


Annibale Covini Gerolamo
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Él Patatìna

personaggi,
storie e voci di

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Él Patatìna - Él Giànni
sul Tubo


Annibale Covini Gerolamo, 
  playlist Youtube
   con i personaggi: 
   El Patatina ed Il Gianni, 
   in dialetto milanese


IL BAR

Il Bar, 
con Il Patatina ed il Gianni;
interpretata da 
Annibale Covini Gerolamo, 
musiche di sottofondo da 
Youtube Gallery


IL BITTO

Il Bitto, 
con Il Patatina ed il Gianni;
interpretata da 
Annibale Covini Gerolamo, 
musiche di sottofondo da 
Youtube Gallery





I SAVATT






IL BURRO

Annibale Covini Gerolamo;
 Il patatina ed il Gianni, 
 storielle in dialetto milanese




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Francesco Guccini


Francesco Guccini

(Modena, 14 giugno 1940) è un cantautore, scrittore e attore italiano.
Fra i più rappresentativi e popolari cantautori italiani, il suo debutto ufficiale risale al 1967 con l'LP Folk beat n. 1 (ma già nel 1959 aveva scritto le prime canzoni rock 'n' roll); in una carriera cinquantennale ha pubblicato oltre venti album di canzoni.
È anche scrittore e sporadicamente attore, autore di colonne sonore e di fumetti; si occupa inoltre di lessicologia, lessicografia, glottologia, etimologia, dialettologia, traduzione, teatro ed è autore di canzoni per altri interpreti.
I testi dei suoi brani vengono spesso assimilati a componimenti poetici, denotando una familiarità con l'uso del verso tale da costituire materia di insegnamento nelle scuole come esempio di poeta contemporaneo.
Oltre all'apprezzamento della critica, Guccini riscontra un vasto seguito popolare, venendo considerato da molti il cantautore "simbolo", a cavallo di tre generazioni.
Fino alla metà degli anni ottanta ha insegnato lingua italiana alla scuola off-campus bolognese del Dickinson College, un liberal arts college con sede centrale a Carlisle, Pennsylvania. Guccini suona la chitarra folk, e la maggior parte delle musiche da lui composte ha come base questo strumento.
È uno tra gli artisti con il maggior numero di riconoscimenti da parte del Club Tenco, con quattro Targhe, due Premi e un Premio Le parole della musica, cui si aggiungono vari altri premi e riconoscimenti... dalla
enciclopedia Wikipedia




Berto e la Principessa
di Francesco Guccini
interpretata da

Annibale Covini Gerolamo
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Berto e la Principessa di:
   Francesco Guccini   
interpretata da: 
Annibale Covini Gerolamo


invia E mail ad Annibale Covini




Manlio Santanelli

Da Wikipedia:

Manlio Santanelli (Napoli, 11 febbraio 1938)
è un drammaturgo italiano.
Manlio Santanelli è nato a Napoli.
Laureato in Giurisprudenza con tesi di filosofia del diritto, nel 1962 entra in Rai, dove resta fino al 1980, anno in cui mette in scena il suo primo testo teatrale, Uscita di emergenza, Premio IDI (Istituto Dramma Italiano) e Premio dell'Associazione Nazionale Critici Italiani.
Nel 1984 va in scena Le sofferenze d'amore, testo dal quale viene tratto un radiodramma che vince nel 1985 il Premio Speciale della Critica del Prix Italia.
Seguono numerosi altri testi, tra i quali Regina Madre, Bellavita Carolina, Disturbi di memoria, Un eccesso di zelo.
La commedia Pulcinella, con Massimo Ranieri e per la regia di Maurizio Scaparro, dal debutto nel 1987 non ha smesso di girare in Italia e all'estero.
Nel 1990 è uscito Ritratti di donne senza cornice, volume che raccoglie tre monologhi messi in scena in più allestimenti. L'università di Tolosa ha pubblicato un volume dedicato al teatro napoletano, con particolare attenzione all'autore, di cui contiene anche le traduzioni di Tu musica assassina e Facchini.
Nel 2005 Bulzoni ha dato alle stampe un volume che contiene sei delle più importanti commedie che ha per titolo Manlio Santanelli – Teatro.
Nelle commedie di Santanelli si avvertono alcuni influssi del teatro dell'assurdo, soprattutto per uno stato apparente di immobilità e di apatia, unito alla follia e all'assurdità delle situazioni narrate, che però vengono superate da un'ironia tutta napoletana, grazie al particolare linguaggio adoperato dall'autore, un impasto di italiano e di dialetto che si presta a rappresentare situazioni che oscillano tra il comico e il tragico.
Nel 2019 pubblica il suo primo romanzo, Una furtiva lacrima, edito dalla casa editrice GM Press...


"L'imperfezionista"
di Manlio Santanelli
interpretata da:


Annibale Covini Gerolamo
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L'imperfezionista di:
   Manlio Santanelli 
   interpretata da: 
   Annibale Covini Gerolamo





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Tomasi di Lampedusa

foto di 
Giuseppe Tomasi di Lampedusa:  
nato nel 1896 - morto nel 1957


Da Wikipedia:

Giuseppe Tomasi di Lampedusa
(Palermo, 23 dicembre 1896 – Roma, 23 luglio 1957)
è stato un nobile e scrittore italiano.
Letterato di complessa personalità e autore del noto romanzo Il Gattopardo, fu un personaggio taciturno e solitario e trascorse gran parte del suo tempo nella lettura.
Ricordando la propria infanzia scrisse: ero un ragazzo cui piaceva la solitudine, cui piaceva di più stare con le cose che con le persone...
Don Giuseppe Tomasi, 12º duca di Palma, 11º principe di Lampedusa, barone della Torretta, Grande di Spagna di prima Classe (titoli acquisiti il 25 giugno 1934 alla morte del padre), nacque a Palermo il 23 dicembre del 1896, figlio di Giulio Maria Tomasi (1868-1934) e di Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò (1870-1946).
Rimase figlio unico dopo la morte della sorella maggiore Stefania, avvenuta a causa di una difterite (1897). Fu molto legato alla madre, donna dalla forte personalità, che ebbe grande influenza sul futuro scrittore.
Non lo stesso avvenne col padre, un uomo dal carattere freddo e distaccato.
Da bambino studiò nella sua grande casa a Palermo con l'ausilio di una maestra privata, della madre (che gli insegnò il francese) e della nonna, che gli leggeva i romanzi di Emilio Salgari.
Nel piccolo teatro della residenza di Santa Margherita Belice, ereditata dai Cutò e molto amata da sua madre, dove passava lunghi periodi di vacanza, talora anche in inverno, assistette per la prima volta a una rappresentazione dell'Amleto, recitato da una compagnia di girovaghi.
Il casato dei Tomasi di Lampedusa è una diramazione della famiglia Tomasi da cui discendono anche i Leopardi di Recanati e che la tradizione indica di origini bizantine...
A partire dal 1911 Tomasi di Lampedusa frequentò il liceo classico a Roma e in seguito a Palermo. Sempre a Roma, nel 1915 s'iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza, senza terminare gli studi.
Nello stesso anno venne chiamato alle armi, partecipò alla guerra come ufficiale d'artiglieria e nella disfatta di Caporetto fu catturato dagli austriaci, che lo imprigionarono in Ungheria. Riuscito a fuggire, tornò a piedi in Italia.
Dopo le sue dimissioni dal Regio Esercito con il grado di tenente, ritornò nella sua casa in Sicilia, alternando al riposo qualche viaggio, sempre in compagnia della madre, che non lo abbandonava mai, e svolgendo studi sulle letterature straniere.
Nel 1925, insieme al cugino Lucio Piccolo, si recò a Genova, dove si trattenne circa sei mesi, collaborando alla rivista letteraria Le opere e i giorni...
Tomasi di Lampedusa fu spesso ospite presso il cugino Lucio Piccolo, col quale si recò nel 1954 a San Pellegrino Terme per assistere a un convegno letterario, cui il parente poeta era stato invitato per ritirare il primo premio di un concorso letterario. Lì conobbe Eugenio Montale e Maria Bellonci.
Si dice che fu al ritorno da quel viaggio che iniziò a scrivere Il Gattopardo, ultimato due anni dopo, nel 1956.
All'inizio il manoscritto del Gattopardo non fu preso in considerazione dalle case editrici Mondadori e Einaudi, alle quali era stato inviato in lettura, e i rifiuti riempirono Tomasi di Lampedusa di amarezza.
Il manoscritto fu giudicato negativamente da Elio Vittorini, all'epoca influente lettore per Mondadori e curatore della celebre collana "I gettoni" per l'editore Einaudi, che non s'accorse di aver letto un capolavoro della letteratura italiana e mondiale. Vittorini successivamente rifiuterà la pubblicazione de Il dottor Živago di Pasternak e Il tamburo di latta di Grass...
Nel 1957 gli fu diagnosticato un tumore ai polmoni; morì il 23 luglio, non prima di aver adottato come erede l'allievo e lontano cugino Gioacchino Lanza di Assaro.
Il romanzo fu pubblicato postumo nel novembre del 1958, quando Elena Croce lo inviò a Giorgio Bassani, che lo fece pubblicare presso la casa editrice Feltrinelli. Nel 1959 il romanzo vinse il Premio Strega.
Curiosamente, anche Giuseppe Tomasi di Lampedusa morì lontano da casa come il suo antenato protagonista de Il Gattopardo, il 23 luglio 1957 a Roma, nella casa della cognata in via San Martino della Battaglia nº 2, dove era andato per sottoporsi a particolari cure mediche che si rivelarono inefficaci.
La salma fu inumata il 28 luglio nella tomba di famiglia al Cimitero dei Cappuccini di Palermo...


"Il Gattopardo"

di Giuseppe Tomasi
di Lampedusa
interpretata da

Annibale Covini Gerolamo
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... al di là del brève ponte
che immetteva in paese
le autorità
stàvano ad attendere...

parziale lettura de 
  Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa 
  interpretata da: 
  Annibale Covini Gerolamo


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Luigi Pirandello


Da Wikipedia:

Luigi Pirandello
(Agrigento, 28 giugno 1867 – Roma, 10 dicembre 1936)
è stato un drammaturgo, scrittore e poeta italiano, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1934.
Per la sua produzione, le tematiche affrontate e l'innovazione del racconto teatrale è considerato tra i più importanti drammaturghi del XX secolo.
Tra i suoi lavori spiccano diverse novelle e racconti brevi (in lingua italiana e siciliana) e circa quaranta drammi, l'ultimo dei quali incompleto.
Luigi Pirandello, figlio di Stefano Pirandello e Caterina Ricci Gramitto, appartenenti a famiglie di agiata condizione borghese, dalle tradizioni risorgimentali, nacque nel 1867 in contrada Càvusu a Girgenti, nome di origine araba con cui era nota, fino al 1927, la città siciliana di Agrigento.
Nell'imminenza del parto che doveva avvenire a Porto Empedocle, per un'epidemia di colera che stava colpendo la Sicilia, il padre Stefano aveva deciso di trasferire la famiglia in un'isolata tenuta di campagna per evitare il contatto con la pestilenza. Porto Empedocle, prima di chiamarsi così, era una borgata (Borgata Molo) di Girgenti (l'odierna Agrigento).
Quando nel 1853 si decise che la borgata divenisse comune autonomo
La linea di confine fra i due comuni venne fissata all'altezza della foce di un fiume essiccato che tagliava in due la contrada chiamata "u Càvuso" o "u Càusu" (pantalone) Questo Càvuso apparteneva metà al nuovo comune di Porto Empedocle e l'altra metà al Comune di Girgenti A qualche impiegato dell'ufficio anagrafe parve che non era cosa e cangiò quel volgare "Càusu" in "Caos
Il padre, Stefano Pirandello, aveva partecipato tra il 1860 e il 1862 alle imprese garibaldine; aveva sposato nel 1863 Caterina, sorella di un suo commilitone, Rocco Ricci Gramitto.
Il nonno materno di Luigi, Giovanni Battista Ricci Gramitto, era stato tra gli esponenti di spicco della rivoluzione siciliana del 1848-49 e, escluso dall'amnistia al ritorno del Borbone, era fuggito in esilio a Malta dove era morto un anno dopo, nel 1850, a soli 46 anni.
Il bisnonno paterno, Andrea Pirandello, era stato un armatore e ricco uomo d'affari di Pra', ora quartiere di Genova. La famiglia di Pirandello viveva in una situazione economica agiata, grazie al commercio e all'estrazione dello zolfo...


"Ciaula scopre
la luna..."
di:
Luigi Pirandello
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Ciaula scopre la luna... 
  di:
   Luigi Pirandello 
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    Annibale Covini Gerolamo








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Franz Kafka

Da Wikipedia:

Franz Kafka
(Praga, 3 luglio 1883 – Kierling, 3 giugno 1924)
è stato uno scrittore boemo di lingua tedesca.
Nato nei territori dell'Impero austro-ungarico, divenuti Repubblica cecoslovacca a partire dal 1918, è ritenuto una delle maggiori figure della letteratura del XX secolo e importante esponente del modernismo e del realismo magico.
La maggior parte delle sue opere, come Die Verwandlung (La metamorfosi), Der Prozess (Il processo) e Das Schloss (Il castello), è pregna di temi e archetipi di alienazione, brutalità fisica e psicologica, conflittualità genitori-figli, presentando personaggi in preda all'angoscia esistenziale, labirinti burocratici e trasformazioni mistiche.
Le tematiche di Kafka, il senso di smarrimento e di angoscia di fronte all'esistenza, caricano la sua opera di contenuti filosofici che hanno stimolato l'esegesi dei suoi libri specialmente a partire dalla metà del Novecento.
Nei suoi scritti è frequente imbattersi in una forma di crisi psicologica che pervade il protagonista sino all'epilogo della narrazione e che lo getta in modo progressivo in un'attenta analisi introspettiva.
Non sono pochi i critici che hanno intravisto nei suoi testi elementi tali da farlo ritenere un interprete letterario dell'esistenzialismo. Altri infine hanno «coniato per Kafka la formula di "allegorismo vuoto".
Come ogni autore allegorico, Kafka rappresenta una vicenda per "dire altro"; ma questo "altro" resta indecifrabile e dunque indicibile.» Secondo molti di essi Kafka volle con ciò forse rappresentare la solitudine e il senso di diversità dell'ebreo nella Mitteleuropa, la propria estraneità alla sua famiglia, il senso di colpa e l'impotenza umana del singolo di fronte al mondo e alla sua burocrazia. Il suo più celebre personaggio allegorico è lo scarafaggio umanoide Gregor Samsa, descritto ne La metamorfosi.
Kafka nacque in una famiglia ebraica della classe media di lingua tedesca a Praga, la capitale del Regno di Boemia, allora parte dell'Impero austro-ungarico. Nel corso della sua vita, la maggior parte della popolazione cittadina parlava il ceco e la divisione tra parlanti la lingua ceca e quella tedesca era una realtà tangibile, in quanto entrambi i gruppi cercavano di rafforzare la propria identità nazionale. La comunità ebraica era in mezzo tra le due correnti, sollevando naturalmente domande in merito a chi appartenessero. Kafka stesso conosceva approfonditamente ambedue le lingue, considerando il tedesco come lingua madre.
Kafka intraprese una formazione giuridica e ottenne un lavoro in una compagnia di assicurazioni. Iniziò a scrivere racconti nel suo tempo libero, lamentandosi sempre del poco tempo a disposizione per dedicarsi a quella che considerava la sua vocazione. Kafka preferiva comunicare per lettera: scrisse centinaia di lettere ai familiari e alle amiche intime.
I destinatari principali furono suo padre, la sua fidanzata Felice Bauer e la sua sorella più giovane Ottla. Ebbe un complicato e travagliato rapporto con il padre che influì notevolmente sui suoi scritti.
La sua appartenenza alla cultura ebraica fu in lui fonte di profondi conflitti interiori, nonostante non sentisse un particolare legame con le sue radici, tuttavia i critici sostengono che la sua origine ebraica abbia influenzato le sue opere.


Franz Kafka
"Metamorfosi"
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Kafka Franz 
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Franz Kafka
"Metanorphosis"

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Publio Ovidio


Da Wikipedia:

Publio Ovidio Nasone, noto semplicemente come Ovidio;
(Sulmona, 20 marzo 43 a.C. – Tomi, 17 o 18 d.C.),
è stato un poeta romano, tra i principali esponenti della letteratura latina e della poesia elegiaca.
Fu autore di molte opere, il cui corpus è tradizionalmente suddiviso in tre sezioni.
La prima sezione, che si colloca tra il 23 a.C. e il 2 d.C., è rappresentata dalle opere elegiache di argomento amoroso e comprende gli Amores, le Heroides (Epistulae heroidum) e il ciclo delle elegie a carattere erotico-didascalico.
La seconda sezione, tra il 2 d.C. e l'8 d.C., è caratterizzata dalle Metamorfosi (Metamorphōses o Metamorphosěon libri) e dai Fasti, di intonazione religiosa, mitologica e politica. La terza e ultima sezione, compresa tra l'8 d.C. e la morte (17 o 18 d.C.), include le elegie dell'invettiva e del rimpianto: Tristia (Tristezze), Epistulae ex Ponto (Lettere dal Ponto), Ibis.
Fu autore anche di altre opere, andate oggi perdute, tra cui una Gigantomachia e una tragedia, la Medea.
La fama di Ovidio fu grande in vita quanto nelle epoche successive alla sua morte: ne riprendono i temi o ne imitano lo stile, tra gli altri, Dante Alighieri, Francesco Petrarca, Giovanni Boccaccio, Ludovico Ariosto, William Shakespeare, Giambattista Marino e Gabriele D'Annunzio. Inoltre, innumerevoli sono gli spunti che le Metamorfosi hanno fornito a pittori e scultori italiani ed europei...
Opere maggiori o della maturità
Metamorfosi, in 15 libri di esametri.
Il capolavoro di Ovidio, ultimato poco prima dell'esilio, contiene più di 250 miti di trasformazioni, dal Caos all'apoteosi di Cesare e Augusto.
L'opera si chiude con una preghiera agli dei, affinché questi preservino a lungo l'imperatore Augusto. Scritto in esametri, in quindici libri (per circa 12 000 versi), vi si trova tutta la storia mitica del mondo, ma riorganizzata da Ovidio in una serie di racconti continuati.
Il criterio generale di compilazione segue l'ordine cronologico, ma molto spesso Ovidio introduce eventi anteriori al fatto narrato o posteriori, collega le storie in base a rapporti familiari, elabora i racconti secondo affinità o diversità. Insomma si tratta di un racconto mosso e articolato, talvolta al limite dell'artificio, che mostra l'abilità stupefacente del poeta di legare tra di loro storie che apparentemente non hanno un filo logico comune.
L'unico principio unificatore è la metamorfosi.
Tra gli strumenti adottati dal poeta vi è il racconto nel racconto, grazie al quale il poeta trasforma i personaggi "narrati" in personaggi "narranti" che raccontano vicende proprie o altrui.
L'opera lo rese illustrissimo presso i contemporanei.
Contiene anche un invito al vegetarianesimo rivolto ai romani, con una spiegazione della teoria della metempsicosi di intonazione orfico-neopitagorica...


Ovidio
"Metamorfosi"
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Ovidio, Metamorfosi
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Angela Vai

"C'era una volta ..."
di

Angela Vai

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C'era una  volta ... 
  di: Angela Vai
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